“Le infezioni nello studio odontoiatrico” di Vivina Ardizzone, Andrea Tuzio e Davis Cussotto prende in considerazione i rischi specifici dell’attività negli studi odontoiatrici e descrive le precauzioni da adottare per la protezione di medici, operatori sanitari e pazienti.
Il testo fornisce chiarimenti sui principali temi legati alla sicurezza sul lavoro: dal documento di valutazione dei rischi alla sorveglianza sanitaria; dai metodi di decontaminazione, disinfezione e sterilizzazione alla formazione del personale.
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Il rischio biologico nell’attività odontoiatrica
Il rischio biologico costituisce di per sé un rischio intrinseco all’attività sanitaria in generale e all’attività odontoiatrica in particolare. Tale rischio è determinato da diversi tipi di agenti biologici che possono risultare potenziali portatori delle più svariate patologie infettive.
L’odontoiatra, l’igienista e l’assistente di studio odontoiatrico (ASO) sono, infatti, costantemente a contatto diretto con materiali biologici (sangue, saliva, altri fluidi, aerosol etc.) nonché con materiali o strumenti contaminati da sangue o da altre sostanze risultanti potenzialmente infette.
Il dispositivo di protezione individuale: come deve essere?
Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008, art. 74, comma 1) definisce Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la salute o la sicurezza durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo“.
I DPI devono essere conformi alle norme del Regolamento (UE) 2016/425 del 9 marzo 2016 che ha abrogato la Direttiva 89/686/CEE, che era stata recepita nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475. Il nuovo regolamento europeo stabilisce requisiti per la progettazione e la fabbricazione dei dispositivi di protezione individuale per consentirne la libera circolazione nell’Unione e garantire la protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori.
Oppure
Epatite C
Il virus dell’epatite C (HCV), isolato nel 1989, è una delle cause più frequenti e importanti di malattia epatica cronica. È un virus a RNA e la replicazione virale avviene nelle cellule epatiche (epatociti).
Le persone cronicamente infette sono circa 150 milioni. Ogni anno muoiono circa 350.000 persone a causa di patologie del fegato HCV correlate. La malattia è diffusa in tutto il mondo. I paesi con i più alti tassi di infezioni croniche sono l’Egitto, il Pakistan e la Cina.
Le vie di trasmissione sono le trasfusioni di sangue e l’inoculo di sangue infetto avviene attraverso strumenti pungenti o taglienti, attrezzature per tatuaggi, agopuntura, ecc. e, fino al 1990, molto frequentemente attraverso le trasfusioni. Rare ma possibili la via sessuale e la trasmissione alla nascita da madre portatrice del virus. L’incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, ma anche da 2 a 3 mesi. L’infezione primaria è asintomatica, ma si possono avere anche sintomi quali febbre, dolore addominale, nausea, ittero, vomito. L’epatite cronica nell’80% dei casi diventa malattia stabilizzata; nel 25% evolve in cirrosi (nell’arco di 10-20 anni) e in epatocarcinoma (nell’arco di 14-58 anni).
Tutti i “must” della prevenzione
La definizione di un agente infettivo come airborne trasmissibile, e invece aerosol trasmissibile, comporta implicazioni differenti per gli operatori sanitari nel trattare pazienti.
Fatto salvo sempre il rispetto dell’applicazione delle precauzioni universali (D.M.42/90), dalla valutazione delle dimensioni di questi microrganismi, appare evidente che ne derivi un decisivo impatto sulla scelta delle protezioni personali da adottare da parte degli operatori, che varia sia in termini di tutela della salute, sia nella gestione del paziente, sia dal punto di vista dei costi.
Appare evidente quindi che i dispositivi da adottare possono essere meno vincolanti per la protezione dalle droplet salivari e splatter sprigionati per esempio dallo spray della siringa aria/acqua, che, come abbiamo visto, per le loro dimensioni non sono trasportabili per via aerea, se non per brevi tratti e a immediata ricaduta e difficilmente inalati (airborne short and long-range).
I DPI devono, pertanto, essere scelti in base alla necessità di incremento della capacità di filtraggio, con la massima protezione dal bioaerosol prodotto dalla strumentazione dinamica che galleggia nell’aria a causa delle microdimensioni delle sue particelle (micro droplet-long range).
La riunione per formare e coinvolgere
Proviamo ora a vedere con un occhio diverso la riunione con ODS ai fini della 81/08. Proviamo a trasformarla in un potente strumento di team building: il tempo che dedichiamo è lo stesso, ma se ci divertiamo mentre ci formiamo, come ci insegna la PNL di Bandler, le probabilità di ritenere qualcosa, aumentano notevolmente.
Facciamo ora un passo indietro e ricordiamo che cos’è la comunicazione umana interpersonale. È una caratteristica innata dei viventi, è una capacità che possiamo e dobbiamo implementare. Spesso nel lavoro, come nella vita privata, nelle relazioni o nei documenti scritti, essa non coglie nel segno.